Gravidanza
Giorno 292 di gravidanza. Sabato mattina. Mi sveglio alle prime luci dell’alba, ho dormito si e no 3, forse 4 ore. Ieri sera, come ormai è diventata consuetudine da qualche settimana, Victor mi ha salutato con un bacio leggero sulla guancia prima di andare a letto, mentre stavo bevendo la mia tazza di latte scaldata troppo nel microonde fino a formare quel fastidioso strato semisolido sulla superficie del liquido bianco, e mi ha sussurrato: buonanotte. chiamami subito se succede qualcosa. Ma cosa deve succedere? Mi sono ormai convinta che rimarrò incinta per sempre, la prima donna nella storia, che mia figlia non abbia nessuna intenzione di nascere. Ogni volta che questo pensiero mi sfiora, lei dall’altro lato della pelle tira un calcetto, come a dire: sto bene qui, non aspettarmi!
Gli ultimi 15 giorni sono stati un calvario. Il termine annunciato dalla ginecologa fin dalla prima visita, quando con un’agitazione mai provata prima avevo sentito quel martellare ritmico sul monitor mentre l’apparecchio per l’ecografia mi irrigidiva i muscoli pelvici, è passato da tempo. I miei genitori stanno a Barcellona già da settimane, ogni giorno ricevo telefonate, messaggi, sempre la stessa stupida domanda: novità? Ormai non rispondo più. Mi sento così tesa che i miei gesti sono diventati meccanici, sgraziati, ho un umore da cani.
Stamattina se possibile mi sono svegliata ancora peggio, per fortuna Victor dorme ancora e ho del tempo per tentare di tirarmi un po’ su di morale. Pensa a qualcosa di bello, Laura. La puntata di Easy vista ieri; merda no, quella mi ha fatto piangere. La vecchia canzone degli Strokes che hanno trasmesso nel negozio di scarpe; pure quella mi aveva intristito, mica come quando la ballavo ad occhi chiusi al Vinile 45, con il mio gin tonic sempre in mano e un nuovo amore per la notte già quasi in tasca… sembra un’altra vita. Maledetto baby blues, è arrivato ancora prima della nascita! Una boccata d’aria mi farà bene; mi infilo a fatica l’unica maglietta che ancora mi entra, una lunga t-shirt bianca a righine azzurre della collezione premaman di H&M, la abbino a dei leggings scoloriti tanto chi mi vede a quest’ora ed esco di casa.
Arrivo alla fine dell’isolato già sfinita, il fiatone mi obbliga a fermarmi un attimo, una contrazione mi indurisce l’addome per qualche secondo; decido di prendere un caffè anche se il ginecologo me l’ha sconsigliato. Per la pressione dice, meglio la camomilla. La camomilla è tra le cose che mi fanno più schifo al mondo.
Nel solito bar ancora vuoto, perché in questo quartiere tutti si svegliano tardissimo, c’è una ragazza nuova; dai lineamenti potrebbe essere dell’est, ha un viso enigmatico. Non mi pare simpatica, non mi sorride quando entro anzi sembra lievemente scocciata, del resto anche io non faccio nessuno sforzo per piacerle, devo avere un’espressione ostile. Ciao, mi dice. Buon giorno, rispondo. Mi serve il caffè macchiato che le ho chiesto, ma io lo prendo troppo in fretta e me lo rovescio addosso. Cazzo! esclamo quasi urlando, per fortuna il parka imbottito evita l’ustione. Lei senza tradire nessuna reazione prende velocemente un fazzoletto, me lo porge e guardandomi fisso negli occhi mi dice piano: stanotte c’è la luna piena, domani sarai mamma.