Vivere all’estero dopo i 30: alcune cose che mi mancano
Sono 10 mesi che non scrivo più nulla sul blog, 5 che ho smesso di fare sport, 1 che ho ripreso a fumare, 1 settimana che non riesco a guardare un film dall’inizio alla fine e svariati giorni che non leggo le notizie. Anzi, che non leggo proprio nulla. Oggi però, dopo uno snervante pellegrinaggio da Ikea, ho incredibilmente risfoderato da non so quale meandro la voglia di scrivere. Non scrivere per lavoro, ma buttare giù due parole su come mi sento. Non è che un blog dovrebbe servire come confidente in realtà, non credo a nessuno freghi nulla di sapere i miei stati d’animo, ma in ogni caso questo è se mi pare, non mi interessa condividere le mie idee politiche, parlare d’attualità, di cinema, di arte; quello lo faccio davanti ad una buona bottiglia di vino e in compagnia di qualcuno che possa ribattere con spirito e prontezza alle mie osservazioni.
Stavolta invece vorrei affrontare un tema che da qualche tempo a questa parte mi rende irrequieta, e che si riduce alla sola, unica domanda che assilla quasi tutti: che fare del mio futuro? Solo che quando uno vive lontano da casa, l’inquietudine e la tristezza a volte sembrano amplificate, e i mezzi per affrontarle limitati. Insomma, si è più vulnerabili diciamo, perchè l’equilibrio è una condizione (azzardo) messa forse in discussione dall’essere lontani dalle proprie radici. Quali sono le cose che mi mancano/infastidiscono vivendo lontana dal mio luogo d’origine, ora che inizio ad invecchiare? Eccone alcune. Minchiate, ovvaimente.
Gli amici che, invariabilmente e ciclicamente, abbandonano la città e partono verso altre mete. Altro che essere felice per loro, io li incatenerei e obbligherei a passare con me il resto dei loro giorni.
Gli aperitivi
Le domeniche a pranzo, senza la polenta e salsicce preparata dai miei e il profumo di cibo appena sveglia
Il bar dove conosci sempre qualcuno e dove puoi andare pure da solo senza paura di sembrare un idiota (ma, lato positivo: decine di bar dove nessuno ti conosce e puoi fare quel cazzo che ti pare)
La macchina, anzi, ascoltare la radio in macchina da sola e cantare come una pazza. Ma pure insultare gli automobilisti rincoglioniti (quanto è liberatorio?)
Il supermercato: finchè non avrete provato a vivere in Spagna, non potrete capire che meraviglioso universo è il supermercato italiano. E le salumerie…e le gelaterie…e i panifici…
Cose che mi fanno incazzare: andare dal medico ed essere guardata come una povera mentecatta perchè non so spiegare quello che ho, e alla fine decidere di farsi delle dannose e inutili autodiagnosi pur di non dover mettere più piede in quell’ambulatorio
Non avere i soldi per il dentista. Bei tempi quando lo pagava la mamma
Altre cose che mi fanno incazzare: entrare in un negozio pronta a sfoderare con scioltezza le mie conoscenze linguistiche ed essere apostrofata con un “ciao” ancor prima di aver aperto bocca. Poi, una volta iniziato a parlare, essere derisa apertamente per l’accento sfacciatamente italiano.
Arrabbiarsi in italiano. Assolutamente impossibile farlo in un’altra lingua, nessuna raggiungerà mai i picchi di espressività dell’idioma dantesco.